Il nome di Antoni Gaudì è strettamente legato alla sua terra, la Spagna, e in particolare alla città di Barcellona. È qui infatti che ha realizzato le sue più grandi opere: dalla Sagrada Família a Casa Milà, Casa Battlò e Casa Vicens. Ancor più monumentale è il Parco Güell, un complesso di opere d’arte costituenti […]
Il nome di Antoni Gaudì è strettamente legato alla sua terra, la Spagna, e in particolare alla città di Barcellona. È qui infatti che ha realizzato le sue più grandi opere: dalla Sagrada Família a Casa Milà, Casa Battlò e Casa Vicens. Ancor più monumentale è il Parco Güell, un complesso di opere d’arte costituenti un museo a cielo aperto.
Ed è proprio quest’ultima creazione ad aver ispirato un’altra artista, Niki de Saint Phalle, la quale ha preso in prestito lo stile di Gaudì e lo ha trasportato a Capalbio, in Toscana, realizzando un magnifico parco che vale la pena visitare.
La costruzione del Giardino dei Tarocchi ha avuto inizio nel 1979 ed è l’insieme di ventidue sculture abitabili edificate in cemento armato ed acciaio, quindi ricoperte di una eccentrica fusione di ceramiche e vetri colorati.
L’artista francese ha dimostrato più volte nel corso della sua carriera di prediligere l’aspetto stravagante dell’arte, dando vita ad opere che più di una volta hanno scatenato polemiche.
Negli anni ’60 Saint de Phalle (già il nome la dice lunga) si dedica alla realizzazione di sculture il cui soggetto è il corpo della donna (le Nanas). Nel 1966 crea per il Moderna Museet di Stoccolma una gigantesca Nana della dimensione di 28m (lunghezza) x 6m (altezza) x 9m (larghezza). Per dare un’idea più chiara di questa scultura, possiamo dire che il seno destro della donna incinta ospita un bar, al quale si può accedere entrando dalla vagina della struttura.
Per la realizzazione del Giardino dei Tarocchi in provincia di Grosseto l’artista si è avvalsa di numerosi colleghi, tra cui Rico Weber, Sepp Imhof, Paul Wiedmer, Dok van Winsen, Pierre Marie ed Isabelle Le Jeune.
Tra gli artisti italiani ad aver contribuito vi sono Venera Finocchiaro (ceramista romana), Marco Zitelli, gli architetti Roberto Aureli e Mauro Botta. L’opera è stata ultimata nel 1996 e aperta al pubblico due anni più tardi.