Stanley Kubrick è uno dei registi più interessanti della storia del cinema. La sua carriera è scandita da film che alla loro uscita hanno destato l’attenzione del pubblico tra elogi e polemiche: si pensi a Lolita (1962) e Arancia Meccanica (1971), che al centro della narrazione ponevano temi scottanti e, nel caso del primo film […]
Stanley Kubrick è uno dei registi più interessanti della storia del cinema. La sua carriera è scandita da film che alla loro uscita hanno destato l’attenzione del pubblico tra elogi e polemiche: si pensi a Lolita (1962) e Arancia Meccanica (1971), che al centro della narrazione ponevano temi scottanti e, nel caso del primo film citato, perfino innominabili.
L’opera di Kubrick è ormai oggetto di culto cinematografico, tanto che i suoi lavori vantano oggi una serie di analisi ed esegesi proposte sotto forma di saggi e documentari. Tra questi ultimi il più noto è Room 237, nel quale si riprendono i significati nascosti e le teorie del thriller-horror più famoso del regista, Shining.
Uscito nel 1980, Shining è considerato uno dei film più raccapriccianti di sempre – eppure i suoi protagonisti non sono né vampiri né demoni che prendono in prestito il corpo altrui, ma semplici persone sottoposte allo stress e alle frustrazioni della vita.
Ciò che appare sullo schermo non è tuttavia l’unica dimensione affascinante del film di Kubrick: si pensi all’esperienza vissuta dietro le quinte delle registrazioni, con un cast destinatario di una pressione non meno intensa di quella raccontata dai personaggi.
Girato tra il 1978 e il 1979, nell’arco di quasi un anno i protagonisti Jack Nicholson e Shelley Duvall hanno subito le conseguenze dello spietato perfezionismo del regista britannico, il quale costringeva a ripetere fino allo sfinimento le stesse scene per poi magari cambiarle completamente in seguito ad un ripensamento.
Benché i bambini che hanno popolato i corridoi dell’Overlook Hotel siano stati (a quanto pare) risparmiati dalle manie di Kubrick, il resto della troupe ha vissuto praticamente nelle stesse condizioni psicologiche dello scrittore Jack Torrance e di sua moglie Wendy. Fortunatamente le asce presenti sul set erano finte.
A manifestare l’atmosfera del dietro le quinte sono le numerose foto provenienti dal set emerse negli anni, attraverso le quali si può cogliere la tensione che colpiva gli attori e il team di produzione anche a telecamere spente.