La sola espressione sepolti vivi è sufficiente a scatenare una serie di immagini agghiaccianti nella nostra mente. Si tratta di una paura ricorrente, comune a molte persone, che talvolta assume le caratteristiche di una vera e propria fobia, la tatofobia. Ma perché abbiamo questa paura? Forse perché in epoche passate era un incubo fin troppo […]
La sola espressione sepolti vivi è sufficiente a scatenare una serie di immagini agghiaccianti nella nostra mente. Si tratta di una paura ricorrente, comune a molte persone, che talvolta assume le caratteristiche di una vera e propria fobia, la tatofobia. Ma perché abbiamo questa paura? Forse perché in epoche passate era un incubo fin troppo reale (nel Regno Unito, quasi tremila persone venivano sepolte vive ogni anno). Ecco alcune delle storie più raccapriccianti.
Scozia, 1600. Margorie McCall viene sepolta in seguito alla sua morte. A quasi un giorno di distanza dalla sepoltura, un gruppo di delinquenti decide di aprire la bara in cerca di gioielli (crimine all’epoca molto comune) ma al posto della defunta trovano una persona viva e vegeta. Margorie fece poi ritorno a casa dove a (non) aspettarla vi era la sua famiglia incredula e terrorizzata. Morì dopo quindici anni, sulla sua lapide la frase “Vissuta una volta, sepolta due”.
Nel 1650 Anne Greene lavorava in qualità di serva presso la famiglia Reade. La giovane donna intratteneva una relazione con il figlio 17enne dei padroni e presto scoprì di essere incinta. Il bambino nacque morto, così Anne decise di seppellirne il piccolo corpo da sola, di nascosto, per non creare inutili scandali. Tuttavia venne scoperta e impiccata, ma prima della sepoltura il suo cadavere venne inviato alla scuola di medicina per scopi accademici. Appena prima di iniziare l’autopsia, gli studenti si resero conto che la donna respirava ancora – anche se in modo estremamente debole – e che il suo cuore aveva una lieve attività. Anne si riprese in seguito ad attente cure.
Tragico il destino toccato a Giulio Maria della Somaglia, un potente cardinale cattolico dell’800, figura di spicco dello Stato pontificio. L’uomo venne inaspettatamente ritrovato morto, così si decise di avviare il processo di imbalsamazione, come previsto dagli usi dell’epoca. L’addetto a tale procedura diede inizio all’intervento affondando un coltello nel petto del “defunto” – e fu proprio in quel momento che il cardinale si riprese dallo stato di morte apparente. La sua morte avvenne alcuni minuti più tardi a causa del colpo ricevuto.
Restando in ambito religioso, non fu migliore l’esperienza di Duns Scoto, teologo tedesco del XIV secolo. Apparentemente morto, il suo corpo venne posto in una bara e quindi rinchiuso in una cripta di pietra. Il mese successivo alla sua morte, la cripta venne riaperta al fine di riporvi un altro defunto: la bara di Scoto era vuota, il suo cadavere si trovava vicino l’entrata. Su mani e braccia i visibili segni del tentativo di uscire dalla cripta, il suo volto segnato dal terrore.