La parola kamikaze è oggi associata ai vili atti terroristici compiuti dietro la falsa maschera della fede islamica, tuttavia il termine ha un’origine semantica e territoriale ben diversa da quella attuale. Nella nostra lingua “kamikaze” può essere tradotto come vento divino. Tale espressione è infatti riferita ad un tifone che – secondo la leggenda – […]
La parola kamikaze è oggi associata ai vili atti terroristici compiuti dietro la falsa maschera della fede islamica, tuttavia il termine ha un’origine semantica e territoriale ben diversa da quella attuale.
Nella nostra lingua “kamikaze” può essere tradotto come vento divino. Tale espressione è infatti riferita ad un tifone che – secondo la leggenda – avrebbe salvato il Giappone dall’attacco militare degli stranieri. Tuttavia la parola venne ripresa dall’Occidente intorno al 1944 per indicare la forza d’attacco speciale dell’esercito giapponese.
In quegli anni il Giappone era nel mezzo di uno scontro militare con gli Stati Uniti, i quali si avvicinavano sempre di più all’impero orientale. Quest’ultimo non disponeva degli strumenti di guerra necessari per contrastare il potente nemico: fu così che – nel disperato tentativo di difendere il proprio territorio – il comandante Asaiki Tamai chiese ai suoi giovani soldati di sacrificarsi per la patria.
Nessuno si tirò indietro e nel 1944 nasce il primo reparto di attacco speciale, noto nella cultura occidentale come reparto kamikaze. Lo stesso anno i soldati entrarono in azione utilizzando nel modo più estremo i loro scarsi mezzi: installarono esplosivi di diverse centinaia di chili sui propri aeroplani e con questi andarono a schiantarsi contro navi e velivoli del nemico.
Fu così che oltre 3.800 soldati giapponesi persero volontariamente la vita per difendere la patria.
Insomma, i kamikaze nascono con uno scopo che potremmo definire nobile, oggi però questo termine assume tutt’altra connotazione. La nuova ondata di attacchi kamikaze parte negli anni ’80 in Sri Lanka e Israele, per poi proseguire in tendenza crescente fino a raggiungere i giorni nostri.
Il Medio Oriente è oggi la principale location degli attacchi suicidi e vede quotidianamente individui che per fanatismo religioso – ma manovrati da organizzazioni con interessi ben più concreti – farsi scoppiare in luoghi affollati utilizzando potenti esplosivi indossati sul proprio corpo, le cui membra vengono sparse – insieme a quelle delle vittime – nell’area circostante, trasformandola in una sorta di macello a cielo aperto.
Fanatismo religioso e attacchi suicidi che in un momento di profonda crisi economica e sociale iniziano a diffondersi anche in Occidente, come dimostrano i recenti eventi di Parigi e l’incredibile traffico di armi ed esplosivi oggi in atto entro i confini europei.
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