La vita di Rina Fort non è delle più semplici. Il padre si spegne presto nel tentativo di aiutarla in un passaggio di montagna durante un’escursione; ancora molto giovane decide di sposare Giuseppe, un uomo che subito dopo la celebrazione del matrimonio comincia a mostrare i primi segni di uno squilibrio che con il passare […]
La vita di Rina Fort non è delle più semplici. Il padre si spegne presto nel tentativo di aiutarla in un passaggio di montagna durante un’escursione; ancora molto giovane decide di sposare Giuseppe, un uomo che subito dopo la celebrazione del matrimonio comincia a mostrare i primi segni di uno squilibrio che con il passare del tempo si tramutano in pazzia, condizione che lo porterà al ricovero in un manicomio.
La donna tuttavia si lascia alle spalle i continui traumi e decide di trasferirsi a Milano, dove vive la sorella. Qui conosce Giuseppe Ricciardi, proprietario di un negozio nel quale inizia a lavorare Rina; il loro rapporto si trasforma presto da professionale a sentimentale.
Presumibilmente la donna non sa ancora che in Sicilia, terra d’origine di Ricciardi, vi risiede ancora la sua famiglia, composta da moglie e tre figli – uno nato da pochi mesi. In qualche modo le voci arrivano fino a Catania, città che Franca Pappalardo – la moglie – decide di abbandonare per trasferirsi al fianco del marito. Viste le circostanze, Rina viene immediatamente licenziata dal compagno.
La sera del 29 novembre 1946, l’amante abbandonata passa per via San Gregorio e bussa al civico 40, dove viene serenamente accolta da Franca. Quest’ultima, mantenendo un’apparente calma, spiega a Rina che la relazione extraconiugale è definitivamente terminata, mettendola inoltre al corrente della sua quarta gravidanza.
Rina non ha cattive intenzioni ma, di fronte a quella rivelazione, un’incredibile sete di vendetta la travolge. Mentre Franca si trova in un’altra stanza in cerca di un apribottiglie – perché da buona padrona di casa aveva intenzione di offrire alla sua ospite qualcosa da bere – l’amante del marito va in cucina, afferra un pesante oggetto di metallo e comincia a colpire la Pappalardo alle spalle, con colpi mirati al cranio che presto inizierà a sanguinare ma che non la tramortirà subito.
Nel frattempo si avvicina Giovannino, il figlio più grande, e invano cerca di difendere la mamma sofferente. Rina non ha pietà, colpisce anche lui con lo stesso oggetto, alla testa, più e più volte senza alcun rimorso.
Ormai non si può tornare indietro, è fatta. Così la donna ritiene opportuno porre fine anche alla vita degli altri due figli, Pinuccia di 5 anni e Antoniuccio che, a soli 10 mesi, assisteva all’agghiacciante scena dal suo seggiolone. Il quadro è sempre lo stesso: una donna dal mite aspetto colpisce senza pietà dei bambini con lo scopo di ucciderli.
Nessuno dei quattro muore all’istante e Rina resta lì ancora un po’, mentre le vittime in agonia esalano gli ultimi respiri, i loro volti coperti di sangue e materia cerebrale.
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