Abbiamo conosciuto Oscar Pistorius nel 2004, quando alle Paralimpiadi di Atene raggiunse il primo dei suoi incredibili successi. Il suo handicap non ne ha ostacolato la carriera, ma a farlo è stata la sua follia omicida. La madre di Oscar non si fa intimidire dalla malformazione del figlio, e fin dalla tenera età lo stimola […]
Abbiamo conosciuto Oscar Pistorius nel 2004, quando alle Paralimpiadi di Atene raggiunse il primo dei suoi incredibili successi. Il suo handicap non ne ha ostacolato la carriera, ma a farlo è stata la sua follia omicida.
La madre di Oscar non si fa intimidire dalla malformazione del figlio, e fin dalla tenera età lo stimola ed incoraggia a prendere parte ad eventi sportivi. Il fatto che gli siano state amputate entrambe le gambe a pochi mesi di vita non è un ostacolo per il sudafricano, che a 17 anni porta il mondo intero a festeggiare le vittorie del Sudafrica nell’atletica leggera.
Nel 2008 il suo nome occupa le prime pagine dei giornali: per la prima volta nella storia dello sport un atleta disabile avrà la possibilità di qualificarsi alle gare per normodotati. Le sue protesi in fibra di carbonio gli valgono così il soprannome di Blade Runner.
Ma la carriera sportiva del sudafricano vede alti e bassi, come del resto la sua vita privata.
Il 14 febbraio 2013, nel giorno di San Valentino, il sudafricano viene arrestato dalla polizia di Pretoria. Sulle sue spalle grava un’accusa alla quale nessuno riesce a credere: omicidio. La vittima è Reeva Steenkamp, modella 30enne che da qualche tempo frequentava Pistorius.
Una settimana prima della sua morte, Reeva scriveva sul suo profilo Twitter:
“Questa mattina mi sono svegliata in una casa felice e sicura. Non tutti hanno la stessa possibilità.”
Non sapeva che di lì a pochi giorni in quella casa sarebbe morta violentemente.
Le immagini della scena del crimine – scattate dalla polizia in quella “casa sicura” – fanno rabbrividire: il sangue della vittima è sparso ovunque all’interno del bagno in cui viene sparata dal fidanzato. Il dolore e la confusione generati da quell’inatteso gesto porta Reeva da un lato all’altro della stanza, forse nell’inutile tentativo di cercare riparo dalla follia omicida di Blade Runner.
A colpire in quelle immagini esplicite è anche la porta a cui manca un pannello in legno, e che inevitabilmente richiama alla mente un altro folle assassino, quello interpretato da Jack Nicholson nel film The Shining. Sotto la maniglia appaiono diversi fori causati dai proiettili poi rinvenuti nel corpo della modella, che una volta apprezzava il senso di sicurezza di quella abitazione.
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