Il 9 maggio 1978 viene trovato nel bagagliaio di un’auto situata nei pressi delle sedi di Democrazia Cristiana (DC) e Partito Comunista Italiano (PCI) il corpo di Aldo Moro, sequestrato quasi due mesi prima dalle Brigate Rosse. Gli avvenimenti di quei giorni sono entrati nella storia italiana e ne hanno cambiato il corso, eppure i […]
Il 9 maggio 1978 viene trovato nel bagagliaio di un’auto situata nei pressi delle sedi di Democrazia Cristiana (DC) e Partito Comunista Italiano (PCI) il corpo di Aldo Moro, sequestrato quasi due mesi prima dalle Brigate Rosse. Gli avvenimenti di quei giorni sono entrati nella storia italiana e ne hanno cambiato il corso, eppure i fatti ufficialmente riconosciuti dalle autorità vengono spesso messi in dubbio dalle numerose incongruenze emerse nel corso degli anni.
La responsabilità certa è quella delle Brigate Rosse, che il giorno 16 marzo 1978 con un agguato da far invidia ai più spietati ed organizzati gruppi criminali riuscirono a sequestrare l’allora presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro. Il mistero avvolge l’evento storico a partire da questo scenario.
Durante le numerose inchieste emerge la presenza nella stessa zona di Camillo Guglielmi, colonnello dei servizi segreti (Sismi) che, stando alla sua stessa testimonianza, si trovava lì per caso, perché invitato a pranzo da un amico; quest’ultimo rivelò che sì, Guglielmi si presentò quel giorno presso la sua abitazione, ma non su invito e in modo del tutto inaspettato.
Altro mistero riguarda il metodo dell’agguato, svoltosi secondo i testimoni e i riscontri balistici in modo per così dire “professionale”, nel corso del quale emerse principalmente uno dei killer, maggiore responsabile dell’uccisione dei membri della scorta di Aldo Moro nonché sparatore di buona parte dei 93 proiettili rinvenuti sulla scena. Le Brigate Rosse, infatti, per quanto radicate potessero essere, si distinguevano per la loro organizzazione “dilettantistica” e non certo da professionisti del crimine.
La provenienza dei proiettili non aiuta certo a sostenere le tesi ufficiali, ossia la responsabilità esclusiva del gruppo terrorista comunista. Fu sufficiente uno sguardo per capire infatti che quei bossoli avessero origini poco chiare: si trattava di proiettili in dotazione di eserciti non convenzionali.
Insomma, un intreccio di terroristi (BR) e presenze di livello istituzionale (Sismi) ha da sempre macchiato la storia del caso Moro, che ad oggi non trova una reale soluzione né probabilmente la troverà mai. Ma ancora più eclatante è la testimonianza esplicita e diretta del generale Nicolò Bozzo, secondo cui lo stesso generale insieme al collega Carlo Alberto Dalla Chiesa erano a conoscenza del covo in seguito utilizzato per nascondere il sequestrato, tuttavia l’esecutivo – all’epoca guidato dalla stessa DC con Giulio Andreotti – lavorò in senso contrario, per insabbiare la scoperta.
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