Il Museo di antropologia criminale Cesare Lombroso fu fondato a Torino da Cesare Lombroso nel 1876. Il museo raccoglie reperti quali preparati anatomici, disegni, fotografie, corpi del reato e realizzazioni artigianali dei prigionieri di carceri e manicomi criminali. Sono esposti, oggi, quasi mille resti umani e una collezione da brivido che raggiunge il numero di oltre duemilacinquecento crani. Questi resti furono […]
Il Museo di antropologia criminale Cesare Lombroso fu fondato a Torino da Cesare Lombroso nel 1876. Il museo raccoglie reperti quali preparati anatomici, disegni, fotografie, corpi del reato e realizzazioni artigianali dei prigionieri di carceri e manicomi criminali.
Sono esposti, oggi, quasi mille resti umani e una collezione da brivido che raggiunge il numero di oltre duemilacinquecento crani.
Questi resti furono oggetto di studio e le teorie di Lombroso si basavano sul concetto del criminale per nascita, secondo cui pretendeva di dedurre i caratteri psicologici e morali di una persona dal suo aspetto fisico.
Sebbene a Lombroso vada riconosciuto il merito di aver tentato un primo approccio allo studio della criminalità, molte delle sue teorie sono oggi esonerate da ogni fondamento, la scienza moderna ha infatti dimostrato che sia l’ambiente sia i geni influiscono sull’aspetto fisico, ma l’aspetto fisico non influisce sul comportamento.
Campeggia su tutti i teschi, preziosissimo, quello del calabrese sig. Giuseppe Villella di Motta S. Lucia (CZ), che tra esami e misurazioni, oltre che la rilevazione della fossetta occipitale mediana, era stata proprio l’autopsia su quel cranio, e su nessun altro, a indurlo a concludere che delinquenti si nasce e Lombroso la attribuiva specialmente agli italiani nati nelle regioni meridionali con particolare predilezione per la Calabria consentendo al Lombroso di diffamare e calunniare le popolazioni del Mezzogiorno.
E’ grazie a Lombroso, che la “diversità” del Meridione entra e si fissa nell’immaginario della neonata nazione italiana; “Il Mezzogiorno è la palla di piombo che impedisce i più rapidi progressi allo sviluppo civile dell’Italia; i meridionali sono biologicamente degli esseri inferiori dei semibarbari o dei barbari completi, per destino naturale” disse in seguito Antonio Gramsci, nel 1926. Li chiamarono briganti ma non lo erano, era contadini, artigiani ex militari borbonici e comunque duosiciliani che volevano combattere per la loro patria e per il loro re. Per essere qualificato brigante, e trasferito automaticamente nelle carceri settentrionali, bastava essere parente di briganti, o essere trovato armato in un gruppo di tre persone. Vi sarà stato pure qualche sbandato e qualche delinquente comune, ma Giuseppe Villella più che un brigante, motivo per cui fu condannato e portato nel carcere di Vigevano dove morì, fu impegnato a rubare galline più che a combattere i piemontesi. Il Comune di Motta Santa Lucia (CZ) e il Comitato Tecnico-Scientifico “No Lombroso” hanno vinto la battaglia legale contro il museo “Lombroso”. I resti di Giuseppe Villella dovranno essere restituiti al suo paese natale per ordinanza del Tribunale di Lamezia Terme del 3 Ottobre 2012 affinché riceva degna e cristiana sepoltura.
6 Agosto 2015 pubblicato dal “Comitato No Lombroso”:
“Lieto che la battaglia contro il Museo Lombroso abbia avuto il successo e la diffusione che merita, grazie all’impegno meritorio del Comitato No Lombroso, di cui mi onoro di far parte!”
fonte wikipedia , instoria.it , linkiesta.it , nolombroso.org