In Messico esiste un vero e proprio luogo per gli amanti di bambole e bambolotti: l’Isola delle Bambole (Isla de las Munecas), un’isola quasi del tutto disabitata se non fosse per il suo guardiano e per la presenza inquietante e macabra delle centinaia di bambole che fanno mostra di sé appese agli alberi. Julian Santoro, questo il nome del creatore […]
In Messico esiste un vero e proprio luogo per gli amanti di bambole e bambolotti: l’Isola delle Bambole (Isla de las Munecas), un’isola quasi del tutto disabitata se non fosse per il suo guardiano e per la presenza inquietante e macabra delle centinaia di bambole che fanno mostra di sé appese agli alberi. Julian Santoro, questo il nome del creatore che ha ideato quello che oggi è considerato un vero e proprio santuario laico, oggetto del pellegrinaggio turistico dell’isola.
Esistono tre versioni in merito alle origini di questa installazione artistica. Una leggenda racconta che intorno agli anni Cinquanta, Julian Santoro Barrera si rifugiò in questa minuscola isola nella laguna di Tlilac, in seguito a una delusione amorosa; proprio qui affogò una bambina e Santoro ne ritrovò il corpo. Poco tempo dopo una bambola apparve nello stesso punto in cui era emersa la piccola. Spaventato, per ingraziarsi lo spirito della bimba che turbava i suoi sogni, appese la bambola a un albero, sperando che questo amuleto allontanasse il fantasma e tenesse il demonio lontano dall’isola. Santoro oramai ossessionato, si mise a cercare bambole nel canale e nella spazzatura per poi legarle ai tronchi o ai rami degli alberi.
La seconda versione racconta che ad annegare nelle acque dell’isola sia stato un bambino il cui cadavere non venne mai ritrovato. Si pensò quindi che il suo spirito fosse rimasto prigioniero, condannato a vagare per l’eternità. Saputo della tragedia Santoro che viveva nell’isola, decise di intervenire e placare lo spirito inquieto del bambino allestendo il girotondo di bambole.
La terza racconta che tre fanciulle si rovesciarono con la barca in quelle acque. Due sopravvissero, la terza, (forse la fidanzata di Santoro) morì affogata. In seguito il suo fantasma cercò di trascinarlo in acqua. Spaventatissimo, appese le bambole per tenere lontano il male, i suoi sogni non furono più turbati, ma la sua mente sembrò perduta per sempre prigioniera dell’ossessione. La sua bambola preferita era Monec con la quale condivideva il piccolo spazio della sua rustica capanna disseminata di ritagli di giornale che parlavano di lui.
Fu il 17 aprile 2001, all’età di ottantasei anni, che la morte per annegamento nella laguna di Santoro richiamò e attirò i turisti, alimentando leggende sulle bambole assassine dell’isola. Sono gli stessi turisti a portare sull’isola le bambole a cui erano più affezionati da bambini, insieme a poche righe di supplica o di augurio, come fossero offerte votive, e il numero di bambole non ha smesso di crescere. Nessuno sa con certezza quante siano poichè si spostano, cambiano posizione durante la notte. Immerse in una natura rigogliosa, dai rami dondolano bambole impiccate, ai tronchi sono legate bambole mutilate, ad alcune manca un braccio, una gamba, ad altre tutti gli arti; alcune sembrano ridere, altre piangere, altre sono senza testa o al posto degli occhi hanno orbite vuote o iridi opachi, ciglia strappate, senza capelli.
Un macabro scenario di giorno e inquietante di notte quando la luna le illumina disegnando ombre sul loro corpo martoriato.
Fonte: latelanera, Wikipedia, Bizzaro Bazar
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