Dopo aver parlato dei più famosi pietrificatori in questo articolo, ritorniamo sull’argomento con Giuseppe Paravicini (1871-1927), e la particolare storia dei suoi esperimenti. Paravicini fu anatomista e direttore presso l’Istituto di Anatomia Patologica del più grande manicomio d’Italia, a Mombello di Limbiate, dal 1901 al 1917, e dal 1910 al 1917. Potendo accedere, in qualità […]
Dopo aver parlato dei più famosi pietrificatori in questo articolo, ritorniamo sull’argomento con Giuseppe Paravicini (1871-1927), e la particolare storia dei suoi esperimenti.
Paravicini fu anatomista e direttore presso l’Istituto di Anatomia Patologica del più grande manicomio d’Italia, a Mombello di Limbiate, dal 1901 al 1917, e dal 1910 al 1917. Potendo accedere, in qualità di direttore, ai cadaveri dei pazienti deceduti da poco all’interno dell’istituto, Paravicini sperimentò su di essi alcune tecniche conservative realizzando molti preparati di cui egli stesso ce ne da una descrizione: “una bella serie di encefali di idioti, epilettici, paralitici, dementi precoci, dementi senili, alcoolisti […] intestini con ulcere tifose e tubercolari […] polmoni […] con vaste caverne, fegati affetti da cirrosi atrofica, ipertrofica, da sarcomi e noduli cancerigni, una milza sarcomatosa di eccezionali dimensioni, reni con neoplasmi, cisti, ecc.“; i cervelli, erano tutti suddivisi secondo la malattia mentale che li aveva afflitti. Vi erano anche uno scheletro deforme affetto da nanismo e delle preparazioni in liquido di teste e feti.
Tra i tanti reperti alcuni busti interi, che mostravano le perfette espressioni del volto
Due corpi interi pietrificati dal Paravicini:
1) Angela Bonette, morta il 3 giugno del 1914 e affetta da demenza senile.
2) Evelina Gobbo, un’epilettica morta di polmonite il 16 novembre 1917
Giuseppe Paravicini pare fosse gelosissimo del suo metodo segreto, e come altri pietrificatori ne portò le formule nella tomba. Comunque si trattava di metodi complessi e non certo rapidi, molto simili per alcuni versi a quelli utilizzati dal suo ben più celebre predecessore Paolo Gorini.
Scrive Alberto Carli: “le opere di Paravicini appaiono al tatto più morbide e umide di quelle goriniane, che dimostrano, invece, un eccezionale stato di secchezza lignea.” Le sue preparazioni erano talmente realistiche che si diffuse la leggenda che egli eseguisse le sue mummificazioni mentre il soggetto era ancora in vita. Certo è che la sua collezione, per il fatto d’esser stata realizzata su cadaveri di pazienti del manicomio, era eticamente imbarazzante e ciò spinse i responsabili a tenerla nascosta negli scantinati dell’istituto.
I reperti Oggi sono finalmente visibili all’interno dell’Ospedale Vecchio di Lodi, nelle sale adiacenti alla collezione Gorini.
I volti di questi anonimi pazienti del manicomio di Mombello rimangono, al di là dell’interesse anatomico, una drammatica testimonianza di un’epoca.
L’ex-manicomio di Mombello è oggi un’enorme struttura abbandonata.
FONTE : Bizzarro Bazar
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