Uccidere in nome di dio, una pratica disumana e insensata ma che trova le sue radici culturali nella quasi totalità delle religioni. Quando poi a chiedere la morte di un innocente sono più dèi… il risultato sarà un vero e proprio eccidio di carne fresca. Inca e Maya sono due delle maggiori civiltà precolombiane, delle […]
Uccidere in nome di dio, una pratica disumana e insensata ma che trova le sue radici culturali nella quasi totalità delle religioni. Quando poi a chiedere la morte di un innocente sono più dèi… il risultato sarà un vero e proprio eccidio di carne fresca.
Inca e Maya sono due delle maggiori civiltà precolombiane, delle quali veniamo a conoscenza fin da bambini dietro i banchi di scuola. I testi scolastici parlano della loro arte, delle loro invenzioni e dell’organizzazione sociale, mettono da parte invece il lato oscuro di queste popolazioni che pur di tenersi buone le presenze ultraterrene sacrificavano donne ma soprattutto bambini. Questi ultimi venivano solitamente da nobili famiglie, inoltre il dio di turno voleva il meglio: la giovane vittima doveva essere perfetta, senza difetti. Come raccontano i cadaveri mummificati giunti a noi, il sacrificio dei bambini avveniva per strangolamento, ma non prima di aver riempito le vittime di oppiacei e droghe di vario tipo.
Ancora più spietati erano gli Aztechi. I sacerdoti di queste popolazioni non avevano pietà e le vittime dei sacrifici non erano necessariamente volontarie, come nel caso di Inca e Maya. Il torace dei bambini ancora vivi veniva inciso per estrarne il cuore che, ancora pulsante, finiva in un braciere divino mentre il corpo ormai senza vita andava ad accrescere il mucchio di cadaveri che si ampliava di ora in ora: i dèi da accontentare ne erano duecento, e talvolta chiedevano anche atti di cannibalismo.
Anche nella civile Grecia tuttavia non erano da meno. Il progresso di questa grande società si riscontrava nel fatto che anche le donne assumevano il ruolo di carnefici, in particolare le sacerdotesse, le quali dopo aver compiuto riti in nome degli dèi portavano sull’altare del sacrificio animali talvolta sostituiti da bambini.
Dei Romani non ci sono pervenute grandi testimonianze di sacrifici. Solo Livio (Ab urbe condita XXII, 57), storico romano del I secolo d.C., testimonia di sacrifici umani compiuti dai Romani dopo la terribile sconfi tta subita a Canne: Roma ha appena perso, l’esercito di Annibale è alle porte e gli stessi dèi sembrano mostrare tutta la loro collera attraverso fatti prodigiosi. Dopo il sacrificio di due Vestali, si pensa di placare l’ira divina con alcuni sacrifici che Livio tiene comunque a definire straordinari (sacrificia extraordinaria).
Moloch era invece la divinità dei Fenici, rappresentato con la testa di toro e il corpo di uomo, la sua statua presentava grosse braccia protese in avanti affinché potesse ricevere i piccoli corpi. I bambini venivano gettati su una brace ardente costruita all’altezza dello stomaco dell’affamato dio.
Il nome dei Celti è oggi legato alle filosofie new age tutte pace e meditazione, in realtà questo popolo amava così tanto i suoi dèi da organizzare ogni cinque anni una carneficina umana. In occasione di queste “feste” venivano costruiti i druidi – grandi strutture di legno e paglia dalle sembianza umane – all’interno dei quali entravano uomini (alcuni volontari, altri meno) e animali in attesa di essere bruciati vivi.
Torniamo al presente.
L’Africa è il continente in cui, ancora oggi, vengono celebrati sacrifici umani spietati. L’Uganda detiene questo triste primato, ma non è il solo paese a ospitare questo fenomeno.
Sciamani e stregoni sono alla ricerca costante di bambini da sacrificare nei loro rituali. La superstizione radicata in molti strati sociali di quelle lontane terre spinge infatti gli uomini, soprattutto i ricchi e i potenti, a chiedere magie propiziatorie e incantamenti di varia natura. Secondo la magia ancestrale non c’è tramite più potente del sangue umano per ottenere questi benefici.
I sacrifici praticati dagli stregoni sono, tra l’altro, molto crudeli. Si va dalle mutilazioni rituali (mani, piedi, genitali) al seppellimento delle vittime ancora vive, fino a farle morire di soffocamento.
In Tanzania e Burundi abbiamo poi gli sciamani seguaci della dottrina Muti, una forma di medicina tradizionale che prevede l’utilizzo di organi del corpo umano per realizzare balsami e pozioni. Come se non bastasse, secondo gli stregoni Muti, le urla di sofferenza rendono più efficaci e potenti tali disgustosi elisir, sicché i sacrifici rituali sono particolarmente brutali e feroci.
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