Tutte le guerre provocano morte e distruzione, e le immagini delle devastazioni provocate dai molti conflitti passati, o ancora in corso, sono terribili. Alcune fotografie però, provocano una commozione particolare, perché scattate pochi attimi, o poche ore, prima della morte dei soldati, mentre erano consapevoli del loro destino. Grazie a queste immagini, che testimoniano il […]
Tutte le guerre provocano morte e distruzione, e le immagini delle devastazioni provocate dai molti conflitti passati, o ancora in corso, sono terribili. Alcune fotografie però, provocano una commozione particolare, perché scattate pochi attimi, o poche ore, prima della morte dei soldati, mentre erano consapevoli del loro destino. Grazie a queste immagini, che testimoniano il loro coraggio, rimarranno per sempre nella storia.
5. Una spia russa in Finlandia
Questa foto è stata declassificata nel 2006 dal Ministero della Difesa finlandese, con la seguente descrizione: “Una sconosciuta spia sovietica, prima di essere uccisa. Finlandia, 1942“. Durante la seconda guerra mondiale, la Finlandia era alleata con la Germania nazista, perché voleva tornare in possesso dei territori che aveva perso durante la “guerra d’inverno” contro l’Unione Sovietica, nel 1939-40. Chiamati “desants”, le spie e i sabotatori sovietici che venivano paracadutati in Finlandia, rischiavano l’esecuzione immediata se catturati. Tra il 1941 e il 1944, 1428 spie sovietiche operarono in Finlandia, 588 furono catturate, e 161 furono uccise in combattimento o perché scoperte. La spia senza nome ride in faccia al suo giustiziere, o forse alla morte.
4. Georges Blind
Ottobre 1944. La foto mostra Georges Blind, un membro della resistenza francese durante la seconda guerra mondiale, che sorride al plotone di esecuzione nazista. E’ possibile che Blind sorrida perché consapevole che la scena faceva parte di un interrogatorio, tuttavia il partigiano fu trasferito al campo di concentramento di Blechhammer, e giustiziato il mese successivo. Si stima che durante l’occupazione nazista, circa 30.000 ostaggi civili furono uccisi, come intimidazione per la Resistenza, nel tentativo di annullare qualsiasi forma di ribellione. Gli uomini venivano solitamente legati a pali di legno, e giustiziati da plotoni composti da 60 soldati.
3. La portaerei giapponese che affonda
La foto mostra l’equipaggio della portaerei Zuikaku, che saluta la bandiera, dopo essere stata colpita nella battaglia di Cape Engano, mentre il ponte era già inclinato di oltre 10 gradi. Il 24 ottobre del 1944, un imponente attacco aereo degli USA, colpì la nave con 7 siluri e 9 bombe. L’ammiraglio Jisaburo Ozawa diede l’ordine di ammainare la bandiera e abbandonare la nave, che affondò di poppa. Dei 1660 membri dell’equipaggio, 842 si salvarono. Poiché la nave portava il simbolo dell’impero, l’alto numero dei superstiti fu considerato un segno divino dell’alleanza tra l’imperatore e la religione Scintoista. La forma augurale “Banzai!”, che significa “Lunga vita”, venne usata come grido di guerra dai soldati giapponesi, che auguravano lunga vita all’imperatore.
2. Stjepan Filipovic
La foto mostra Stjepan Filipovic pochi attimi prima della sua impiccagione, mentre alza le braccia e lancia il suo ultimo grido di libertà. Filipovic era un partigiano comunista iugoslavo, che comandava l’unità Tamnavsko-Kolubarski a Valjevo. Quella jugoslava era una delle più attive forze di resistenza contro i nazisti in Europa, che disponeva anche di due aerei. Quando gli fu messa la corda al collo, Filipovic fu immortalato mentre gridava: “Smrt fašizmu, sloboda narodu!” (”Morte al fascismo, libertà per il popolo!”). Queste parole furano usate come slogan dai suoi compatrioti partigiani per il resto della 2° guerra mondiale, e oggi il coraggioso combattente è considerato un eroe nazionale. Sotto, il monumento in suo onore.
1. Il kamikaze giapponese
La foto mostra il giovane soldato Yukio Araki, appena diciassettenne, che tiene in braccio un cucciolo, il giorno prima della sua missione suicida. Il 27 maggio 1945, il giovane pilota si alzò dalla base aerea di Banseim, insieme al 72° Squadrone Shinbu, per attaccare un gruppo di navi americane, vicino ad Okinawa. Si pensa che Araki si sia schiantato con il suo aereo sul cacciatorpediniere Braine, rendendolo inservibile per il resto della guerra. Prima di partire per la sua ultima missione, Araki scrisse una lettera per i suoi familiari, che doveva essere letta dopo la sua morte: “Per favore, siate contenti per la mia lealtà all’imperatore, e per la devozione ai genitori. Non ho rimpianti. Mi basta andare avanti nel mio cammino.”
Fonte: Vanilla magazine
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