Vi siete mai chiesti se la crudeltà Nazista fosse mai stata superata?Ebbene si, uno degli episodi piú bui della storia moderna recente é senza dubbio quello riguardante gli esperimenti condotti dall’unitá guidata dal famigerato Shiro Ishii, un microbiologo giapponese che non aveva nulla da invidiare all’Angelo della Morte nazista, Mengele. Il campo di concentramento dell’unitá […]
Vi siete mai chiesti se la crudeltà Nazista fosse mai stata superata?Ebbene si, uno degli episodi piú bui della storia moderna recente é senza dubbio quello riguardante gli esperimenti condotti dall’unitá guidata dal famigerato Shiro Ishii, un microbiologo giapponese che non aveva nulla da invidiare all’Angelo della Morte nazista, Mengele.
Il campo di concentramento dell’unitá 731 poco fuori Harbin era stato voluto dallo stesso Ishii durante l’invasione giapponese del nord della Cina nel 1936. La struttura era composta da 150 edifici. Secondo lo storico Sheldon H. Harris, gli scienziati giapponesi avevano un macabro senso dell’umorismo e chiamavano le loro sfortunate vittime ceppi (come pezzi di legno): potevano farli a pezzi, bruciarli vivi, torturarli. Se non avevano abbastanza candidati, la polizia segreta giapponese andava per le strade e letteralmente rastrellava le prime persone che capitavano a tiro e le portava nel campo di sterminio.
Uno degli esperimenti effettuati dal team di medici dell’Unitá 731 riguardava la vivisezione senza l’uso di anestetici su esseri umani, comprese donne e bambini, dopo essere stati infettati con malattie. Gli organi venivano asportati quando la vittima era ancora cosciente in modo tale da ritardare al massimo la decomposizione: “Mi fu ordinato da un membro di un team medico di lavare le persone con uno spazzolone prima di portarle nude nella stanza dove poi sarebbero state dissezionate. La prima volta tremavo. Un membro del team auscultava il battito cardiaco con uno stetoscopio. Un’altro teneva in mano un coltello. Nel momento stesso in cui lo stetoscopio si allontanava dall’orecchio, il coltello veniva conficcato nelle carni. Non saprei di preciso il perché, ma secondo i dottori questo tempismo doveva essere ben calcolato, altrimenti il sangue si sarebbe sparso dappertutto e noi ci saremmo infettati”.
Alcuni degli esperimenti piú violenti erano quelli riguardanti le cure da ferite da artiglieria. I prigionieri venivano legati ad un palo vicino ad una bomba che veniva posizionata di volta in volta a diverse distanze. Quando l’esplosivo detonava, i sopravvissuti subivano un intervento chirurgico. Altri venivano utilizzati come bersagli per testare nuovi armamenti come lanciafiamme o armi biologiche e chimiche. Questa categoria di armi fu ampiamente studiata e sviluppata all’interno dei campi di concentramento. In particolar modo furono studiate bombe per propagare il virus della peste bubbonica, dell’antrace, del tifo e della dissenteria. Le bombe erano dotate di gusci di porcellana, ideate proprio da Shiro Ishii. Le bombe venivano lanciate su zone del territorio cinese non occupate dai giapponesi per contaminare campi e rifornimenti d’acqua. Le malattie venivano anche propagate attraverso la somministrazione ai bambini dei villaggi di caramelle avvelenate.
Shiro Ishii
I prigionieri erano anche infettati con i virus della gonorrea e della sifilide per vedere come gli agenti virologici si propagavano naturalmente all’interno del corpo. Ancora piú cruenti erano gli esperimenti per la resistenza al freddo per studiare gli effetti della cancrena. Durante i rigidi inverni della Manciuria le vittime venivano esposte al freddo in modo tale da causare forzatamente principi di congelamento. Poi studiavano diverse metodologie per deidratarli in modo tale da capire quale potesse il metodo piú idoneo per guarire l’assideramento. Altre volte gli arti congelati delle vittime venivano sbriciolati. Le torture effettuate sui prigionieri erano tanto fantasiose quanto crudeli: le vittime venivano centrifugate, avvelenate, gasate, impiccate a testa in giú e addirittura uccise attraverso l’iniezione nei reni di urina di cavallo.
Il numero delle vittime cinesi (e non solo) dell’unitá 731 é incalcolabile. Le vittime non mancavano mai. A loro disposizione vi erano sempre 2000 o 3000 persone. All’interno del campo di sterminio vi erano due forni crematori.
Shiro Ishii é morto libero all’etá di 67 anni, a causa di un cancro alla gola. Secondo gli Stati Uniti che proprio alla fine della Seconda Guerra Mondiale stavano entrando nel periodo della Guerra Fredda, le ricerche dell’unitá 731 erano troppo importanti, pertanto il generale Douglas MacArthur garantí un salvacondotto per gli scienziati giapponesi coinvolti in modo tale da entrare in possesso di tutti i dati raccolti.
Un file riguardante una vittima
La struttura dell’Unitá 731 ad Harbin
Vivisezione su un bambino
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