1) L’eviscerazione Questo era un metodo di esecuzione largamente diffuso. L’addome del condannato veniva accuratamente inciso in modo da esporre le interiora. A quel punto il carnefice prendeva un capo degli intestini e lo agganciava ad un ferro, avvolgendolo lentamente su un tamburo di legno. La vittima rimaneva cosciente per lunghe ore e alcune volte la […]
1) L’eviscerazione
Questo era un metodo di esecuzione largamente diffuso. L’addome del condannato veniva accuratamente inciso in modo da esporre le interiora. A quel punto il carnefice prendeva un capo degli intestini e lo agganciava ad un ferro, avvolgendolo lentamente su un tamburo di legno. La vittima rimaneva cosciente per lunghe ore e alcune volte la richiesta di giustizia veniva soddisfatta facendo ingoiare al prigioniero le sue stesse viscere, appena estirpate dal ventre.
2) Disco di Norimberga
Utilizzato durante il tardo medioevo e all’inizio dell’era moderna per estorcere le confessioni. Il disco di Norimberga consisteva in un piatto metallico rotante, montato orizzontalmente al pavimento. Tale disco era ruotato da uno o due torturatori, usando una manovella. La vittima era fissata sul disco rotante con delle catene alle braccia e alle gambe. A causa della forza centrifuga, la vittima soffriva di disturbi dell’equilibrio, disturbi circolatori e vomito. La tortura con questo apparato non provocava sempre danni visibili o gravi, e quindi era impiegata principalmente negli interrogatori di persone privilegiate. È quindi considerata un’antica forma di tortura bianca. Nonostante il nome dello strumento, si presume che nella città di origine, Norimberga, il piatto non fosse mai utilizzato al di fuori del castello di Norimberga.
3) Schiaccia pollici-schiaccia ginocchia
Lo schiacciapollici era una semplice morsa, in genere dotata di aculei o borchie sulle superfici interne. I pollici delle vittime erano posti tra le due barre e venivano lentamente pressati, spesso fino ad arrivare allo spappolamento. A volte le barre avevano delle punte sui lati che infilzavano la base delle unghie, causando un fortissimo dolore. Di questo strumento esisteva una versione più grande e atroce, basata sullo stesso principio: lo spaccaginocchia.
4) Sedia Inquisitoria
Detta “ungherese”, rappresentava uno degli innumerevoli strumenti inquisitori utilizzati nei secoli XVI e XVII per ottenere la confessione di donne accusate di stregoneria. Si trattava di una sedia di ferro, irta di punte acuminate sulle quali veniva fatto sedere l’imputato che era completamente nudo e legato in modo da non potersi alzare. Si procedeva poi accendendo il fuoco sotto lo strumento che, in breve, cominciava a scottare, spingendo l’imputato a dimenarsi. I contorcimenti del poveretto sopra le punte di ferro gli laceravano la pelle e il fuoco sotto la sedia gli ustionava le ferite, soprattutto nelle parti più delicate, quelle “intime”, realizzando così, almeno in parte, gli intendimenti dei suoi giudici tormentatori che, oltre a interrogarlo, intendevano anche ammendarlo dei peccati di lussuria consumati col demonio. In alternativa erano presenti delle stecche di legno o di cuoio che venivano strette per permettere agli speroni di affondare e di penetrare nella carne fino a raggiungere l’osso.
5) STIVALE
Lo stivale era considerata dai testimoni dell’epoca la tortura più violenta e crudele al mondo, così spaventosa che quando qualcuno doveva essere infilato in questo strumento, tutti i membri del consiglio che dovevano assistervi chiedevano di andarsene. Ci fu addirittura bisogno di un’ordinanza che imponesse ai membri del consiglio l’obbligo di presenza perché coloro che si sottraevano, atterriti alla sola idea di assistere al supplizio, erano così numerosi che i processi intentati contro gli imputati rischiavano di andare a monte per mancanza di testimoni. La tortura consisteva in un contenitore di ferro a forma di stivale progettato per racchiudere l’arto nudo, dal piede al ginocchio; tra la gamba e il bordo interno dello strumento venivano inseriti con un martello dei cunei di legno o di metallo. La carne veniva così lacerata e spesso le ossa si schiantavano, frantumandosi in modo spaventoso e disgustoso, mentre il castigo proseguiva finché la vittima confessava. Addirittura, nei casi più estremi, il midollo fuoriusciva dai resti delle ossa devastate.
Una variante, detta “stivale spagnolo”, contemplava il posizionamento di entrambe le gambe nel malefico strumento. A quel punto si procedeva all’inserimento dei cunei oppure allo stringimento dell’attrezzo tramite un meccanismo a vite. In questo modo gli effetti erano notevolmente amplificati, ossa, carne e midollo venivano letteralmente “frullati” fino allo spappolamento più totale.
6) IL CAVALLETTO
Conosciuto anche come “cavallo spagnolo”. Il condannato veniva posto a cavalcioni su una struttura a V, come su un cavallo. Venivano poi posti dei pesi ai suoi piedi affinché egli venisse tirato sempre più giù. Questa tortura faceva si che le articolazioni del condannato si slogassero e che le sue membra venissero disarticolate dalle giunture. Durante il Medioevo, questo suplizio era destinato a streghe, o comunque alle donne sospettate di essere possedute dal demonio, che venivano poste a cavallo sul blocco di legno in modo che, con il peso del corpo, lo spigolo penetrasse nella vagina; le gambe, infatti, venivano tenute divaricate da legami e al corpo era impedito qualsiasi punto d’appoggio. La tortura veniva aggravata ponendo accanto al corpo nudo delle fiaccole accese o fissando al ventre della malcapitata una ciotola contenente un topo vivo in modo che, con le contrazioni provocate dal dolore dei morsi, la vittima facesse maggiore pressione sullo spigolo che così penetrava sempre di più, con le conseguenze che è facile immaginare. Questo strumento è stato anche il supplizio di una specie tutta particolare di adulterio: quello che le suore commettevano nei confronti dei voti religiosi, che così venivano punite per le castità infrante.
7) LA VERGINE DI FERRO
Altrimenti detta “vergine di Norimberga”. Consisteva in una sorta di sarcofago femminile fatto di legno o ferro, riempito con chiodi o pugnali appuntiti. Lo strumento veniva aperto e il condannato vi veniva inserito. Quest’ultimo, alla chiusura del portello, veniva “abbracciato” dalla vergine e veniva trafitto dai chiodi. Le fonti storiche riferiscono che questo strumento era utilizzato prevalentemente in Germania. Il prototipo della terribile macchina fu rinvenuto nel castello di Norimberga, edificio dove, in passato, aveva sede il Tribunale Segreto della città. Il condannato era condotto sul luogo del supplizio passando attraverso sette porte. Alla fine di un lungo corridoio si trovava al cospetto della macchina di morte, una sorta di armadio di ferro che riproduceva vagamente le sembianze di una figura femminile, con due ante sul davanti che, aprendosi, mostravano affilatissime punte di ferro. Lo sventurato veniva rinchiuso nella macchina andando incontro a una morte atroce. I resti della vittima erano poi gettati, attraverso un canale sotterraneo, nel fiume che scorreva sotto la sede del Tribunale Segreto.
8) PENDOLO
Tortura dell’inquisizione spagnola che procurava una lenta e tormentosa agonia. La vittima veniva legata su un tavolo molto accuratamente, in modo che potesse muovere solo gli occhi, mentre incombeva su di lei un pendolo grande e pesante con il lato inferiore curvo e tagliente. Nell’oscillare avanti e indietro, gradualmente ma in maniera costante, l’asta del pendolo si allungava e il prigioniero, in preda al terrore e costretto contro la sua volontà ad osservare i movimenti della lama che scendeva, sopportava l’orrore di vedere il taglio avvicinarsi sempre di più al proprio volto. Alla fine la lama affilata gli squarciava la pelle, continuando inesorabilmente a tagliare fino ad ucciderlo. Ma nella maggior parte dei casi, prima ancora che la lama arrivasse a ferirlo, il prigioniero cadeva in balia della pazzia.
9) IL TRIANGOLO
Conosciuto anche come “culla di giuda” o “veglia”.All’imputato veniva stretta una cintura all’altezza dell’addome, gli si poneva una stecca all’altezza delle caviglie in modo che si potessero muovere le gambe soltanto simultaneamente e tramite un complesso sistema di corde, e veniva tenuto sospeso al di sopra di un cuneo appuntito sostenuto da un cavalletto. Allentando la corda principale e tirando in avanti le gambe, la punta veniva posizionata nell’ano, nella vagina, sotto i testicoli o sotto la base della colonna vertebrale. Il carnefice poteva variare la forza del peso gravante e la vittima poteva essere dondolata o fatta cadere sulla punta ripetutamente. Questa tortura era tanto più terribile dal momento che implicava una veglia continua. La “veglia” era il risultato di un’applicazione malefica dell’ingegneria atta a determinare il complesso sistema di corde e di movimenti. La penetrazione del cuneo era preordinata in modo tale da non provocare la morte ma svenimenti o dolori indicibili. Un medico e un notaio dovevano assistere all’operazione, il primo per far ristabilire la vittima in caso di prossimità alla morte, onde poter ricominciare la tortura, il secondo per verbalizzare ogni singolo momento degli accadimenti.
10) L’ ALLUNGAMENTO
Una delle più famose. Si trattava di una tortura semplice ma purtroppo efficacissima che utilizzava delle imbragature di pelle o corda per tendere gli arti del prigioniero. Quest’ultimo veniva steso su un tavolo e legato ai polsi e alle caviglie con corde che venivano tirate, alle volte anche contemporaneamente, con argani. Questa tortura procurava al prigioniero il cosiddetto stiramento, ovvero lo slogamento delle spalle e delle articolazioni, seguito poi dallo smembramento della colonna vertebrale e quindi dallo strappo dei muscoli, degli arti, dell’addome e del petto. Prima comunque di questi effetti mortali, il corpo del condannato si allungava orribilmente anche di trenta centimetri.
E’ stata molto usata durante la persecuzione dei Templari.
Fonte: https://www.facebook.com/TuLoChiamiDioMaIoNonLoConoscoI?fref=ts
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