Quello che ora è un paradiso terrestre un tempo è stato una delle porte dell’inferno, racconti storici di alcuni missionari vissuti nel 1800 hanno lasciato testimonianze davvero orribili sul passato degli indigeni che allora popolavano queste isole meravigliose. Ovviamente da più di 140 anni su queste isole non avviene più nulla di qui macabri rituali […]
Quello che ora è un paradiso terrestre un tempo è stato una delle porte dell’inferno, racconti storici di alcuni missionari vissuti nel 1800 hanno lasciato testimonianze davvero orribili sul passato degli indigeni che allora popolavano queste isole meravigliose. Ovviamente da più di 140 anni su queste isole non avviene più nulla di qui macabri rituali e l’attuale popolazione è una delle più amichevoli e ospitali del nostro pianeta.
Una delle popolazioni più temute per la loro ferocia e crudeltà in tutto il Sud Pacifico, i Fijiani non mangiavano solo persone dalla pelle bianca o nemici di tribù vicine, ma anche se un membro della propria tribù “sgarrava” nei riguardi del capo o Re del villaggio la sua sorte era segnata,
Testimonianza di Jaggar, Missionario Metodista, Fiji, 1844
Una dei servi del re pochi mesi fa è scappata. E’ stata presto, però, riportata a casa del re. Lì, su richiesta della regina, il suo braccio è stato tagliato sotto il gomito e cotto per il re che lo mangiò in presenza della ragazza, e poi ordinò che il suo corpo fosse bruciato in diverse parti. La ragazza, ora una donna, è ancora in vita.
La ragione per cui questo popolo era dedito al cannibalismo non è chiara, insito nella cultura i loro riti sadici nel preparare la carne umana nel mentre la vittima era ancora in vita.
Uno scritto di Alfred St Johnston, Viaggiatore, Fiji Islands, 1883 narra: I Fijiani amavano la carne umana, e non mangiavano solo un nemico per vendetta. Probabilmente l’assenza di grossi animali ha dato origine a questo fenomeno…
L’equipaggio di ogni nave che naufragò su queste rive è stato ucciso e mangiato. Spesso un uomo avrebbe deciso di bastonare qualche uomo o donna che lui considerava sarebbe stata buona per la cottura con la scusa che il suo ‘dente nero faceva male’ e solo la carne umana avrebbe potuto curare il suo dolore. Tale era il diritto assoluto di un uomo su sua moglie che avrebbe potuto ucciderla e mangiarla se voleva, cosa che non è stata fatta raramente.
Così grande era il loro desiderio di questa strana carne che quando un uomo era stato ucciso in uno dei loro tanti litigi, e i suoi parenti avevano seppellito il suo corpo, altri Fijiani venivano frequentemente posseduti da demoni e, scavando il corpo dalla tomba, lo cucinavano e festeggiavano. E’ divenuta consuetudine per i parnenti di un morto far la guardia alla tomba di un uomo sepolto (che non era morto per cause naturali) finché il corpo non era probabilmente diventato troppo ripugnante anche per l’appetito di un Fijiano.
Il reverendo John Watsford (6 Novembre, 1846) scrive:
La carne umana non si mangiava solo cotta in lovo ma soddisfava diverse mode. Nella preparazione di un pasto non vi era solo disordinata ferocia ma anche cura nel trattare, preparare e cucinare il piatto forte che veniva poi consumato con gelosa ingordigia. A Bau, la gente conserva la carne umana e la mastica come alcuni masticano il tabacco. La portano con loro, e la usano nello stesso modo come il tabacco. Ho sentito di un caso di crudeltà, l’altro giorno, che supera tutto ciò che ho udito prima. Una canoa naufragò vicino Natawar, e molti degli occupanti riuscirono a nuotare a riva. Sono stati catturati dalla gente Natawar e furono disposti dei forni per arrostirli tutti in una sola volta. I poveri disgraziati furono legati pronti per i forni e i loro nemici stavano aspettando con ansia di divorarli. Non sono stati battuti con i bastoni, perché il loro sangue non doveva essere perso. Alcuni, tuttavia, non potevano aspettare fino a quando i forni erano sufficientemente caldi e strapparono le orecchie dei disgraziati per mangiarle crude. Quando i forni erano pronti, hanno tagliato le loro vittime con molta attenzione, mettendo piatti sotto ogni parte per raccogliere il sangue. Se una goccia cadeva, la leccavano da terra con la più grande golosità.
Il rito di mangiare carne umana era anche considerato di buon auspicio prima dell’inizio di una qualsiasi impresa importante. La vittima destinata a diventare cibo poteva essere sacrficata in una sorta di spettacolo d’intrattenimento che la comunità seguiva con grandissimo interesse.
Ecco una testimonianza davvero raccapricciante del Reverendo David Cargill, Missionario Metodista, Rewa, Fiji, 1839:
31 ottobre 1839, Giovedi. Questa mattina abbiamo assistito ad uno spettacolo scioccante. Venti (20) cadaveri di uomini, donne e bambini sono stati portati a Rewa come un regalo da Tanoa. Sono stati distribuiti tra la gente per essere cucinati e mangiati. Essi sono stati trascinati in acqua e sulla spiaggia. I bambini si divertivano a mutilare il corpo di una bambina. Una folla di uomini e di donne maltrattatavano il corpo di un uomo dai capelli grigi e una giovane donna. Interiora umane galleggiavano sul fiume di fronte alla sede della missione. Gli arti mutilati, teste e busti dei corpi degli esseri umani galleggiavano, e scene di disgusto e di orrore erano davanti al nostro punto di vista in ogni direzione. Come è vero che i luoghi oscuri della terra sono pieni delle abitazioni di crudeltà.
1 ° novembre Venerdì. Questa mattina poco dopo l’inizio del giorno sono rimasto sorpreso nel sentire le voci di più persone che parlavano a voce molto alta vicino alla recinzione di fronte alla sede della missione. Andando ad accertare la causa del rumore, ho trovato una testa umana nel nostro giardino. Era la testa del vecchio, il cui corpo era stato abusato in spiaggia il giorno prima. Il braccio del corpo era stato spezzato da un proiettile che era passato attraverso l’osso vicino alla spalla, e la parte superiore del cranio era stato rotto con un bastone. La testa era stato messa in giardino durante la notte, con l’intento senza dubbio, di infastidire o scioccare i nostri sentimenti.
Oggi il cannibalismo di quei tempi è visto con macabro rispetto. Nel Fiji Museum di Suva o l’Art Village di Pacific Harbour si possono vedere i reperti, le foto e le testimonianze di quello che era il passato delle isole che i naviganti Europei chiamavano “Isole dei Cannibali”. In tutto il paese si possono trovare memorie di quel periodo. Basti pensare che solo il grande capo Ratu Udre Udre nell’arco della sua vita è riuscito a mangiare più di 800 persone, pensate quante ossa sono distribuite in alcune zone delle Isole Fiji. Le ossa, infatti, venivano utilizzate dai Fijiani del passato per farne utensili da cucina (ciotole, piatti, forchette, coltelli) o per creare strani cuscini sui quali poggiavano la testa per dormire, o le “buttavano” in caverne, che oggi vengono chiamate “rubbish cave”, ovvero caverne spazzatura.
Testimonianze tratte da Here be Cannibals e Fiji Villagers apologize for cannibalism
Foto tratte da Sleeping with cannibals, Manuscript & Pictorial, Cannibalism, Travel Tart, Just Pacific