Donne in preda al delirio maschile, colpite per aver commesso adulterio, o semplicemente perché il marito vorrebbe divorziare e non trova un metodo veloce per potersi liberare della propria moglie, ormai diventata solo un peso. O ancora peggio senza un vero motivo “valido”, e arrivando a colpire addirittura i propri figli. Bangladesh, India, Pakistan, Cambogia […]
Donne in preda al delirio maschile, colpite per aver commesso adulterio, o semplicemente perché il marito vorrebbe divorziare e non trova un metodo veloce per potersi liberare della propria moglie, ormai diventata solo un peso. O ancora peggio senza un vero motivo “valido”, e arrivando a colpire addirittura i propri figli.
Bangladesh, India, Pakistan, Cambogia e più recentemente sempre più spesso anche in Europa, questo vero e proprio attacco alle donne è sempre più frequente e terrificante.
Il dottor Paolo Morselli, medico chirurgo specialista in chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica, professore dell’Università di Bologna, da 30 anni opera in questo settore ha operato oltre 10mila persone disagiate in tutto il mondo (www.3ionlus.org). Di donne sfigurate, in quasi 30 anni di missioni in 20 Paesi, Morselli ne ha operate centinaia, restituendo loro la possibilità di usare le mani per lavorare, o la vista, o la possibilità di mangiare autonomamente. E, quindi, di sopravvivere.
Per comprendere bene il grado di sottomissione di queste donne il Dottor Morselli in un’intervista rilasciata a Repubblica.it spiega il ruolo che riveste la donna con un semplice esempio: “Spesso ad essere bruciata è la promessa sposa, anche quando questa non c’entra niente con il “rifiuto” del promesso sposo. È sempre e solo la famiglia che decide tutto. Ci sono Paesi in cui la nascita di una figlia femmina è una disgrazia, una disgrazia la cui unica fortuna è destinata a rivelarsi al momento del matrimonio, con il ricevimento della dote da parte del promesso sposo. Dunque immaginiamo che la famiglia A combini un matrimonio tra la propria figlia e il figlio della famiglia B. Se quest’ultima però, nel tempo che intercorre tra la promessa di matrimonio e la data delle nozze, cade in rovina, la famiglia A può comunicare alla famiglia B che non ha più intenzione di dare al giovane promesso la propria figlia in sposa. Ed ecco che il rancore della famiglia B, in molti casi, si manifesta gettando dell’acido sulla ragazzina, totalmente incolpevole e ignara di tutto. Lei però è una vittima indispensabile e necessaria, perché rappresenta il “capitale” da danneggiare. Perché se una donna quando nasce, in certi Paesi, non conta, diventa addirittura un peso, una disgrazia infinita, quando rimane deformata. Molte, spiega Morselli, dopo l’aggressione vengono perciò abbandonate dalla famiglia di origine, lasciate in balìa di sé stesse. Per la società la vittima diventa un rifiuto umano, un peso che nessuno vuole accollarsi.
Dal 1999 ad oggi, più di 3mila casi sono stati segnalati in Bangladesh. In India, questo terribile gesto viene utilizzato anche per far rispettare il sistema delle caste, mentre secondo Nicholas D. Kristof, vincitore del Premio Pulitzer col New York Times, la violenza con acido in Pakistan è etichettata come delitto d’onore, quindi contro donne accusate d’aver “disonorato” i mariti.
Picture: Acid Survivors Foundation
La Nona Porta
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