Orrore allo stato puro. Un delitto talmente efferato ed atroce da sconvolgere e terrorizzare tutti, anche i più avvezzi alle turpitudini del crimine. Il 10 luglio 1955 sulle rive del lago di Castelgandolfo, residenza estiva papale, coperto da un tappeto di giornali datati 5 luglio, viene scoperto il cadavere nudo di una donna. I periti […]
Orrore allo stato puro. Un delitto talmente efferato ed atroce da sconvolgere e terrorizzare tutti, anche i più avvezzi alle turpitudini del crimine.
Il 10 luglio 1955 sulle rive del lago di Castelgandolfo, residenza estiva papale, coperto da un tappeto di giornali datati 5 luglio, viene scoperto il cadavere nudo di una donna. I periti non furono in grado di stabilire l’età (sbagliando, dichiatarono tra i 18 e i 26 anni), la sua statura approssimativa invece era di 1 metro e 60. L’Unico oggetto che poteva permettere di risalire all’identità della vittima era un orologino da polso marca Zeus. Niente altro: neppure la testa.
Comincia così uno dei più misteriosi casi di nera della storia italiana del dopoguerra. La storia della decapitata di Castelgandolfo.
A chi appartiene quel cadavere di donna? L’assassino ha sferrato 7 coltellate, la più violenta data con mano ferma ed esperta le ha tagliato la testa di netto. Impossibile identificare quel corpo che sicuramente ha subito quel massacro nello stesso punto dove dov’è stato trovato, a testimoniarlo la grande quantità di sangue sul luogo del ritrovamento. Le indagini partono immediatamente: si cerca nelle liste delle donne scomparse, ma i risultati sono scoraggianti, ce ne sono troppe e si hanno troppi pochi elementi per ricondurre una di esse al cadavere ritrovato. Ma poco dopo arriva la svolta: del piccolo orologio al polso della vittima erano stati prodotti soltanto 150 esemplari, facendo quindi una ricerca incrociata tra tutte le gioiellerie di Roma e la lista delle donne scomparse finalmente si riesce a risalire all’identità della vittima: Antonietta Longo, 30 anni, domestica siciliana di cui era stata denunciata la scomparsa alla fine di giugno dal suo datore di lavoro.
Ma dalla sua vita non emergono particolari rilevanti ai fini delle indagini: una vita tranquilla, grande lavoratrice, alcune amiche e nessun amore importante. Dai suoi ultimi mesi di vita risultava che a fine giugno (data della sua scomparsa) aveva chiesto alla famiglia presso cui lavorava un mese di ferie per far visita a casa, in Sicilia; il 14 marzo aveva prelevato dal suo conto postale tutti i suoi risparmi: 213.120 lire; il 4 aprile aveva depositato alla stazione Termini una valigia con indumenti; il 5 luglio (la stessa data dei fogli di giornale che coprivano il cadavere decapitato) aveva imbucato una lettera indirizzata ai suoi famigliari: aveva conosciuto un uomo, ne era profondamente innamorata e ricambiata. E poi la frase chiave: “Fra poche ore sarò sua. Spero di sposarlo e di darvi la gioia di un nipotino“. Niente altro. Dopo il buio completo.
L’efferato omicidio di Antonietta Longo, tutt’oggi è irrisolto, il mostro che compì tale scempio non è mai stato catturato.
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